Vino bio: una realtà solida nel mezzo di tanta confusione
Settimana di fermento nel vino, soprattutto per quello bio: dal 6 all’8 aprile si tengono, infatti, in parallelo gli eventi VinNatur a Villa Favorita (VI) e di ViniVeri a Cerea (VR), mentre dal 7 al 10 è in scena a Verona il Vinitaly, con un salone specifico, il VIVIT e tante aziende bio nei padiglioni delle regioni.
Il fermento insomma è tanto e va interpretato in modo positivo: significa che c’è interesse, c’è qualità e c’è un mercato in aumento…. però c’è anche tanta confusione, non casuale, ma assolutamente funzionale a chi bio non è. Si confondono volentieri i significati chiari del vino bio, definiti per regolamento e certificati, con dei più poetici ma molto meno trasparenti messaggi veicolati con aggettivi di grande appeal come naturale, vero, puro, etico ed eretico. Poco male se tali aggettivi si aggiungono al bio (regolarmente certificato), ma pessima cosa se tentano di sostituirlo mentre lo denigrano. Ci sono, poi quelli che non usano aggettivi ma lanciano le nuove linee “quasi bio”, ovvero usando come claim il fatto che i vini siano ottenuti “senza solfiti aggiunti”, “senza lieviti selezionati”, “senza filtrazione”…. è come se dicessero “sono un po’ bio”, ma negligendo di bell’apposta gli altri aspetti della produzione, soprattutto tutto ciò che significa fare biologico in vigneto.
In questo bel mondo in fermento che aleggia attorno al bio ci sono dei bravi vignaioli che sarebbero utilissimi al settore del biologico, fungendo da punte avanzate e partecipando alla revisione del regolamento sulla vinificazione bio (sul fatto che quella attuale sia solo un punto di partenza siamo tutti d’accordo!), altri invece che si stanno facendo tirare la volata dalla credibilità e certificabilità del nostro settore senza però fare alcuna fatica, nascondendosi, inoltre, dietro due gregari dalle ampie spalle: 1) gli aggettivi poetici e di appeal; 2) la denigrazione del bio.
Alla “babele” (anche linguistica) del sistema partecipano giornali e giornalisti che, invece di riportare ciò che regole scritte sanciscono, si lasciano affascinare dagli aggettivi di cui sopra. A questo partecipa anche il Vinitaly che richiede un’anacronistica autocertificazione, invece di fare come i colleghi tedeschi di Prowein o francesi di MillesimeBio che hanno richiesto la certificazione per dichiararsi bio.
Ma a ben guardare la schiera più consistente è e rimane quella dei viticoltori bio: oggi più di 50.000ha in Italia, areali con percentuali in cui il bio raggiunge il 70% della superficie vitata, qualità sensoriale riconosciuta e mercato in crescita anche negli anni di crisi.